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BENVENUTO NEL POSTO DOVE PUOI RIFLETTERE SULL'ASPIRAZIONE DELLA TUA ANIMA>>il REGNO DEI CIELI, DOVE ESSA TROVERA LA QUIETE, LA CALMA, PER PENSARE, ADORARE, E CANTARE LE LODI AL SUO CREATORE.


Vedrete il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul figlio dell'uomo.


Gv 1, 43-51

Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Séguimi». Filippo era di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo».




venerdì 4 febbraio 2011

Chi tocca i poveri sfiora il cielo di Dio



Chi tocca i poveri sfiora il cielo di Dio


Padre che sei nei cieli... ma il cielo di Dio sono i poveri. E quando la tua mano tocca un povero dalla vita do­lente, le tue dita stanno sfiorando il cielo di Dio. Dove entreremo solo se saremo prima entrati nel­la vita di chi soffre.
Perché Gesù sta nel posto dove noi non vorremmo mai essere, nell’ultimo po­sto; in coloro che incarna­no non i tuoi sogni, ma le tue paure e i tuoi dolori:
Dio naviga in un fiume di lacrime (Turoldo).
La cosa che mi commuo­ve, delle cose ultime, è che Dio non mi giudicherà scorrendo l’elenco delle mie debolezze, ma quello dei miei gesti di bontà; non indagherà le mie om­bre ma annoterà i semi di luce o il polline di bene che ho seminato. Distogli il tuo sguardo dal mio pec­cato, supplicava Davide nel salmo del pianto. Ed ecco che Dio esaudisce quel grido, nell’ultimo giorno distoglierà il suo sguardo dal male, per sempre lo fisserà sul bene. Sul bene concreto: e l’u­miltà della materia è così importante che Dio vi ha legato la salvezza, l’ha le­gata a un po’ di pane, ad un bicchiere d’acqua, ad un vestito donato, ai passi di una visita. Non alle co­se però, ma al cuore detto dalle cose.
Questa è la grandezza del­la fede evangelica: il tema del supremo confronto tra uomo e Dio non è il pec­cato ma il bene. Misura dell’uomo, misura di Dio, misura della storia è il be­ne. Il nostro futuro, cielo e paradiso, è generato dal bene che io, tu, noi abbia­mo donato al Lazzaro infi­nito, al Lazzaro innumere­vole della terra. Il giudizio di Dio è l’atto che dice la verità ultima dell’uomo, e per trovarla non guarderà me, ma intorno a me: le mie relazioni, la porzione di poveri e di lacrime e di amori che mi è affidata e che devo custodire con la mia vita. Se c’è qualcosa di eterno in noi, se qualcosa di noi rimane quando non rimane più nulla, questa cosa è solo l’amore.
Dio non ti sorprende in un momento di debolezza, quando non ce la fai a vi­vere in un modo più nobi­le e puro, ma è colui che instancabilmente ti so­spinge al bene. Che non misura le tue debolezze, ma incalza la tua bontà.
Il povero di cui parla il Vangelo è colui che viag­gia ai limiti dell’esistenza. E se lo guardi, ti senti nau­fragare. Il povero, per la sua fragilità, ti obbliga a confrontarti con le cose e­streme, con la vita a ri­schio, è metafora di falli­mento e di morte. Ma è an­che maestro di fede per­ché incarna l’evidenza che tutti noi viviamo solo per­ché custoditi da altri, che esistiamo solo perché ac­colti da Qualcuno, impa­ziente di ripetere: Vieni, benedetto!

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