
UNA SCALA TRA IL CIELO E LA TERRA
Giacobbe capitò in un luogo ove passò la notte perché il « sole era già tramontato: prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò là... Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo. Ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti... Giacobbe, quando si svegliò dal sonno, disse: Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo. Ebbe timore e disse: Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo! Alla mattina presto Giacobbe si alzò, prese la pietra usata come guanciale, la eresse come una stele e la consacrò con olio sulla sommità. E chiamò quel luogo Betel ("casa di Dio") ».
Ecco nella sostanza il racconto notturno di Genesi 28,l0-21, una pagina di forte emozione per il patriarca che darà il nome al popolo ebraico, Giacobbe-Israele. In queste righe è evidente l'intenzione dell'autore sacro: attraverso quella che gli studiosi chiamano solennemente e tecnicamente un'eziologia cultica, si vuole dimostrare che uno dei santuari più antichi e più cari a Israele, Betel, fu consacrato proprio da Giacobbe. Ma il cuore del racconto è in quella scala percorsa da angeli, un'immagine che prende spunto dai templi mesopotamici a gradini (le ziqqurai) e che è stata trasformata dalla tradizione in un simbolo mistico.
Già nel VI-VII sec. un abate del monastero di s. Caterina al Sinai, Giovanni, che fu poi soprannominato proprio Climaco (dal greco climax, gradino), aveva composto un testo ascetico-mistico intitolato La Scala del Paradiso (in italiano, ed. Città Nuova, 1989).
Anche il grande mistico san Giovanni della Croce evocherà questa immagine nella sua Salita del monte Carmelo (1578-1583) e, in modo più modesto, ma con una sensazione di fiducia e serenità, il sogno di Giacobbe sarà riproposto dallo scrittore ebreo americano Saul Bellow (Nobel 1976) nel romanzo Quello col piede in bocca (Mondadori, 1984). Ma apparirà anche nell'arte, da Raffaello a Tintoretto, da Rembrandt a Tiepolo, fino a Chagall e a molti altri, entrando anche nella musica (ad esempio con DieJakobsleiter, un oratorio incompiuto di Arnold Schònberg, uno dei grandi artefici della musica moderna).
Giacobbe sta fuggendo, atterrito dalle oscure minacce del fratello Esaù che egli ha ingannato sottraendogli la primogenitura.
Il sogno di Betel, che è per certi versi una parabola della preghiera, dialogo tra Dio e l'uomo, contiene al suo interno una promessa divina, sorgente di speranza per un futuro glorioso, impensabile ora per questo profugo che ha solo una pietra ove posare il capo. Le nostre chiese dovrebbero essere come Betel, casa di Dio, il luogo ove si incontra il Signore, ove si riposa lo spirito e si spera. Proprio come cantavano i Salmisti: «Anche il passero trova la casa e la rondine il suo nido dove deporre i suoi piccoli: presso i tuoi altari, Signore!... Una cosa sola chiedo al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e vegliare nelle notti nel suo santuario» (Salmi 84,4; 27,4).
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